Bilinguismi diversi

Un bilingue parla perfettamente due lingue. Si tratta quindi di due monolingui in uno? Risposta sbagliata.

Classificazione in base a fattori esterni

Chi si addentra nel mondo del bilinguismo scoprirà ben presto che la definizione di bilingue non è tanto semplice quanto sembra. Sono stati proposti numerosi modelli, anche complessi, che definiscono e cercano di schematizzare i vari tipi di bilinguismo. Una di queste classificazioni definisce 6 tipi di bilinguismo e risponde alle domande relative ai fattori esterni, peculiari per ogni singola situazione. Che lingua parlano il padre e la madre? Che lingua parla la comunità? In che modo vengono usate le lingue dal bambino, dai genitori e dalla comunità?

Classificazione in base all’età

Un’altra classificazione si basa sull’età in cui viene introdotta la seconda lingua, e opera una distinzione fra bilinguismo nella prima infanzia, bilinguismo infantile e bilinguismo tardivo. Sia chi rientra nel primo gruppo, che introduce la lingua entro i 3 anni, sia chi appartiene al secondo gruppo, che introduce la lingua dopo i 3 anni fino all’età scolastica, viene considerato madrelingua, e riesce di norma ad acquisire un accento da madrelingua. Al contrario, chi appartiene al gruppo dei bilingui tardivi e introduce la lingua solo dopo la pubertà, raramente riesce ad avere una padronanza tale del linguaggio parlato pari a quella dei primi due gruppi. Questo fenomeno avviene perché l’epoca di introduzione della seconda lingua è strettamente legata a i processi mentali e quindi allo sviluppo delle capacità linguistiche.

Classificazione in base alla padronanza della lingua

Questa classificazione sembra essere la più complessa e variegata. I criteri per misurare la padronanza della lingua sono la capacità di comprendere, parlare, leggere e scrivere. Ognuna di queste 4 capacità varia tuttavia da persona a persona, il che porta quindi allo sviluppo di infiniti livelli di bilinguismo, suddivisi per semplicità in 4 categorie indicative: bilanciato, dominante, sbilanciato e passivo. Il bilinguismo sbilanciato è quello più comune tra gli immigrati. In questo gruppo, infatti, col passare del tempo la lingua madre e la lingua appresa si sostituiscono. La lingua madre cede il posto alla seconda lingua, la quale, diventando dominante, è spesso l’unica lingua in cui vengono acquisite le 4 capacità della padronanza linguistica. I traduttori bilingui, giusto per citare una categoria a caso, appartengono solitamente al gruppo del bilinguismo bilanciato, che capisce, parla, legge e scrive bene in entrambe le lingue, o del bilinguismo dominante, in cui una delle lingue è dominante (madrelingua) mentre la seconda è leggermente più debole, quella che viene chiamata “lingua di partenza” nel mondo dei traduttori.

Titelbild via Flickr: Double Indemnity – John Spade (CC BY 2.0)



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Ein Kommentar zu “Bilinguismi diversi”



  • Manuela Simonetti am 15. Febbraio 2013 11:26 Uhr

    L’argomento è molto interessante. Personalmente sono convinta che vi sia anche un forte legame tra apprendimento ed emotività.
    Imparare una lingua esige la capacità di rimettersi in gioco tornando a una condizione infantile (il bambino che non sa) e di superare la vergogna che si prova scoprendosi “incapaci”. In una condizione emotivamente favorevole o comunque coinvolgente, questo avviene con maggiore facilità. Basti pensare alla musica che si rivela sempre un’ottima insegnante delle lingue straniere, proprio in virtù della sua capacità di toccare le corde più profonde. Un ambiente ostile, come quello spesso vissuto dagli immigranti, induce di contro a una chiusura verso la lingua da apprendere.
    Non va infine sottovalutata l’abilità di chi trasmette l’idioma. L’immigrante di ieri e di oggi è inserito, di norma, in un contesto culturalmente povero, dove la popolazione stessa possiede una scarsa padronanza della lingua madre o addirittura ne utilizza le forme dialettali, rivelandosi così un pessimo “insegnante”.
    Non dimostra capacità maggiore nemmeno quel docente di lingua che, malgrado l’elevato livello culturale, è incapace di trasmettere l’amore per la lingua che pretende di insegnare e di stabilire un rapporto empatico con l’allievo.


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