SupertextMagazine Berlin: “Der nächste bitte! Wen ham wa denn da? Stell dich ma vor! Noch‘n Italiener, alter Schwede! Jetzt wirst de uns erzähln, dass de dit Meer vermisst, dass die Pasta von Nonna och vieeeel besser schmeckt und Berlin nich jenuch Sonne bietet, wa?“
Diego: “Ehm [si gratta leggermente il collo], sì, buongiorno, mi presento [si schiarisce la voce]: sono Diego, confermo, italiano purosangue, marchigiano doc [sorride nella speranza che qualcuno sappia dove si trovano geograficamente le Marche], classe 1984.”
Risponderei forse così a questa domanda solo per il piacere di sottolineare quanto sono legato all’Italia, alla cultura italiana e, nello specifico, alla lingua italiana; una sorta di riflesso incondizionato che scaturisce da quell’orgoglio che ogni italiano porta con sé quando decide di abbandonare il proprio paese per migliori opportunità all’estero.
Eppure, se devo esser sincero fino in fondo, non mi sento più così italiano dopo ben 8 anni di Germania, o meglio, di Berlino, la città forse meno tedesca della Repubblica Federale. Mi sento di rientrare piuttosto nella categoria dei “trapiantati” all’estero, come amano definire i giornalisti gli italiani che cercano “fortuna” oltreconfine. Ciò detto, certo, il mare mi manca, la pasta della nonna rimarrà sempre unica e inimitabile (sarebbe blasfemo affermare il contrario) ed è verissimo, Berlino non è che sia proprio baciata dal sole.
Cosa mi ha portato a Supertext?
Dopo la laurea in traduzione tecnico-scientifica conseguita presso la SSLMIT di Trieste a luglio 2009 (con tedesco, spagnolo e romeno come 1a, 2a e 3a lingua straniera), l’intenzione di trasferirmi a Berlino era già matura. Come per molti, all’inizio solo per qualche mese, poi qualche anno e ora, all’orizzonte, nessun paletto temporale. Ambientarsi in una città che della propria anonimità fa un vanto non è mai semplice, ma nel mio caso ho avuto il privilegio di dedicarmi esattamente a quello per cui avevo studiato: la traduzione, un lavoro che ogni giorno mi conferma la passione che nutro per l’italiano e per le lingue straniere e mi ricorda quanta umiltà ci vuole per svolgerlo, una professione che soltanto gli addetti ai lavori possono capire quanto sia “artigianale”.
Una buona traduzione va idealmente non solo rivista, ma riletta più volte, lasciata riposare e finalizzata in un secondo momento. Ed è proprio questo il motivo per cui da due mesi a questa parte lavoro presso Supertext, in qualità di coordinatore linguistico (language manager). Quotidianamente mi confronto con questioni terminologiche, giochi di parole, incarichi di localizzazione per la Svizzera italiana e per l’Italia, riletture, correzioni di bozze e tanto altro. La cosa più bella, però, è che svolgo tutti questi incarichi a stretto contatto con le tre competenti colleghe responsabili per l’italiano, un’efficiente squadra di project manager e un parco traduttori professionale e indefesso, il tutto in un ufficio che dalle 8.30 alle 18.00 è sintonizzato su quattro canali linguistici. Avere madrelingua tedeschi, inglesi e francesi a portata di mano per un traduttore che lavora prevalentemente per clienti svizzeri è davvero uno strumento prezioso che non può che influire in positivo sulla qualità finale dei testi.
Mi auguro di poter apportare a Supertext il meglio dell’esperienza maturata nei 7 anni di libera professione, passati a tradurre e rivedere tipologie testuali molto eterogenee tra loro, avvalendomi di differenti tipi di CAT-tool e lavorando da solo e in team. Al contempo, spero di poter crescere e migliorare. Alla prossima occasione vi dirò come è andata.
Titelbild via Supertext